Venezia

Grido di donna 2018 Venezia

Cultural Flow Zone, Zattere
sabato 10 marzo 2018 alle ore 16:30

Il Festival internazionale “Grito de Mujer” è un incontro che si svolge contemporaneamente in oltre 40 paesi, organizzato in Repubblica Domenicana da Mujeres Poetas Internacional MPI, Inc., la cui Presidente Jael Uribe ha incaricato dal 2015 l’Associazione Culturale Progetto 7LUNE di coordinare l’evento nel Nord Italia, nella città di Venezia. Il Festival unisce poeti, musicisti e artisti con la finalità di promuovere la riflessione sulla violenza di genere. L’associazione Culturale Progetto 7LUNE ha offerto, di anno in anno, incontri che hanno coinvolto le differenti arti attorno ai temi di volta in volta proposti: archetipi del femminile da sviscerare e ribaltare, esempi da cui attingere riflessione e energia vitale: la donna lupa, le sante martiri, le sirene detentrici della conoscenza. Quest’anno, accompagnati dalla musica dal vivo delle Arco Iris, l’associazione presenterà dei brevi interventi di varia natura sul tema del labirinto, il Minotauto e Arianna.

La donna nella società odierna è preda di macchinazioni consce e inconsce, ruoli dati e autoattribuiti, colpe affibbiate e autoimposte: prigioniera in un labirinto apparentemente senza uscita, un percorso tortuoso di fitte mura da abbattere, o piuttosto, seguendo gli artifici da sempre concessi al nostro genere, un cammino da tracciare ed individuare attraverso un filo rosso che ci consenta l’uscita: un filo rosso di un gomitolo con cui tessere parole, racconti, disegnare trame di immagini che dipingano un paesaggio differente. Il gomitolo del filo di Arianna è una chiave per riuscire a salvarsi dal mostro, recuperare la strada maestra –o re-inventarla- e procedere in una direzione corretta, salvifica. Il filo rosso con cui le nostre nonne hanno fatto a maglia è anche un artefatto che lega: un filo unisce, annoda, stringe: legami con altre donne, con sorelle che sono parte del cammino, che con noi lo costruiscono. Un nastro ideale che dalla tradizione si srotola per consentirci di vestire nuovi panni intessuti con fili del passato, ma creando nuove apparenze, nuovi adorni, nuovi sbocchi artistici, letterari e relazionali.

Il labirinto nel quale siamo rinchiuse è stato parzialmente auto-inflitto: per mancanza di abitudine alla libertà, per sottomissione agli stereotipi, per anestetizzazione. Per lunghi secoli la società patriarcale ha esercitato su di noi una funzione di controllo e di gabbia: abbiamo avuto il permesso di muoverci solo entro i muri domestici, alti come gli specchi del labirinto di Durenmatt, invalicabili come il labirinto di Cortàzar: labirinti linguistici che non ci permettevano di esprimerci, labirinti legali che non ci permettevano di difenderci, labirinti morali che non ci permettevano di denunciare soprusi e sopprafazioni. Ingannevolmente ci hanno convinto della cattiveria del Minotauro, ma il mostro è un altro: non solo il mostro che vive dentro di noi che ci convince che ci meritiamo la violenza. E’ anche un mostro esterno, che non ha corna di Minotauro, ma cravatta di benpensante e svalutatore. I mostri abitatori dei labirinti più lieti sono creature mitologiche e fantastiche, portatrici di meraviglia ed esiti inattesi. I mostri cupi, arroganti, ignoranti e bestiali sono fuori dal labirinto, e in esso ci costringono, pensando che non troveremo mai quel filo rosso per uscirne. Non siamo Teseo, siamo Arianna persa nel labirinto ma consapevole di avere la forza per potersi salvare: il filo rosso lo srotoliamo da noi, dal nostro sangue, dalla nostra forza, dalla nostra stirpe, dalla nostra storia.

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